Aggressione ad un medico nel Distretto Generale di Mirandola: forte condanna
Per l'Ausl di Modena "Non c’è giustificazione ad episodi come questi, serve rispetto per chi compie il proprio lavoro con dedizione e competenza"
Ancora un grave caso di violenza nei confronti di un Medico di Medicina Generale nel Distretto di Mirandola . La notizia era stata riportata dal dorso modenese de Il Resto del Carlino.
Aggressione ad un medico
MIRANDOLA - Particolarmente duro il commento della Direzione Generale dell’Azienda USL di Modena che definisce quanto successo nei giorni scorsi ad un Medico di famiglia che si era rifiutato di dare ad un paziente molti più giorni di riposo oltre a quelli dovuti come di
"un atto gravissimo e incivile, che va condannato con la fermezza più assoluta. Come Comunità non possiamo permettere che accadano ancora questi episodi ai danni di professionisti che lavorano quotidianamente per il bene di tutti i cittadini”.
Serve rispetto
“Non c’è giustificazione ad episodi come questi, serve rispetto per chi compie il proprio lavoro con dedizione e competenza. La società deve farsi trovare unita nella condanna di questi eventi e mandare messaggi chiari”.
E continua: "È di poco più di un mese fa – era il 12 marzo – l’appuntamento in Piazza Grande con i Direttori Generali delle Aziende sanitarie modenesi, i rappresentanti delle istituzioni e delle categorie professionali in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza sugli operatori sanitari e socio-sanitari: in questa sede si è ribadito che ogni atto di violenza non è mai giustificabile e che il dialogo è la via principale della risoluzione di qualsiasi conflitto. Inoltre è stata occasione per ricordare l’impegno delle Aziende sanitarie su questo tema, con le campagne e le iniziative messe in campo per aumentare la sensibilità degli operatori, compresi i corsi di formazione sull’inserimento delle segnalazioni nel nuovo sistema SegnalER. Solo così si potrà aumentare la consapevolezza del problema, all’interno e anche all’esterno delle strutture, e costruire “anticorpi” che, nella società civile, possano contribuire a contrastare ogni violenza contro il personale che lavora in sanità."