Eccezionale intervento

Mamma e neonata salvati in una operazione multiequipe da un raro caso di accretismo plancentare

L’intervento è durato diverse ore ed è stato eseguito al Policlinico

Mamma e neonata salvati in una operazione multiequipe da un raro caso di accretismo plancentare
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Alcune settimane fa le equipe di Ostetricia e Ginecologia, di Radiologia interventistica, di Urologia e di Anestesia e Rianimazione 1 del Policlinico di Modena hanno eseguito un difficile intervento che ha consentito ad una paziente con una rara e complessa patologia della placenta di partorire in sicurezza.

L'intervento è durato  diverse ore

MODENA - I sanitari hanno effettuato un taglio cesareo con embolizzazione delle arterie ipogastriche – vasi che irrorano la pelvi – e successiva asportazione totale dell’utero. L’intervento è durato diverse ore ed è stato eseguito al Policlinico. In sala operatoria si sono alternati Urologi (dottori Corradino Di Pietro e Cosimo De Carne) i Radiologi (dottori Federico Casari e Cristian Caporali), Ginecologi (dottoressa Giannina Contu, dottori Carlo Alboni e Antonino Farulla), Anestesisti Rianimatori (dottoresse Lara Donno e Ilaria Cavazzuti). Con loro il personale infermieristico delle sale operatorie di Ostetricia e Ginecologia.

Solo in ospedali di terzo livello

Questo tipo di interventi – commenta il Direttore Generale, dottor Claudio Vagnini – possono essere effettuati solo in ospedali di terzo livello come sono quelli dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena. In queste strutture, infatti, sono presenti tutte le necessarie professionalità e competenze che insieme possono ottenere grandi risultati a beneficio di tutti”.

La mamma ha 43 anni

“La paziente, che al momento ha 43 anni– spiega il prof. Antonio La Marca, Direttore di Ostetricia e Ginecologia – era da me seguita sin dal 2021 perché alla ricerca di una gravidanza. Tra i vari esami diagnostici è stata eseguita un’isteroscopia che ha evidenziato iperplasia endometriale atipica, da considerarsi come precursore del tumore dell’endometrio e che viene normalmente trattato con l’isterectomia, ovvero l’asportazione dell’utero. Ovviamente la paziente ha optato per un trattamento conservativo. Abbiamo quindi somministrato alla paziente progesterone ad alte dosi per molti mesi ripetendo a cadenza trimestrale delle biopsie endometriali.

Dopo quattro esami istologici negativi (che dimostravano, cioè, la regressione delle atipie cellulari), è stata innescata la gravidanza con specifiche terapie mirate. Già durante il primo trimestre si visualizzavano con l’ecografia delle lacune vascolari a livello placentare che premonivano per un’alterata placentazione. A questo punto la dottoressa Bertucci della Diagnosi Prenatale e la dottoressa Fiocchi della radiologia confermavano, rispettivamente con ecografia e risonanza magnetica, che ci trovavamo di fronte ad un quadro particolare di accretismo placentare, definito placenta increta".

In media due casi ogni 10 mila gravidanze

La placenta accreta ha un’incidenza di 1.7 casi su 10.000 gravidanze, mentre la sua variante increta è davvero rara colpendo una donna ogni 40.000 gravidanze. La placenta è accreta quando si approfondisce nel miometrio, il muscolo dell’utero ed è increta quando lo penetra quasi completamente. La placenta accreta è gravata da un’alta percentuale di morbilità e mortalità materno-fetale. Il trattamento consiste solitamente nel taglio cesareo programmato seguito da isterectomia.

L’elevata percentuale di complicazioni nasce dalla possibilità che la placenta possa aderire più o meno tenacemente ai tessuti ed organi vicini all’utero (parametri e vescica in primis) e da emorragie massive che possono verificarsi durante il taglio cesareo. La perdita ematica media riportata in questo tipo di interventi è di 2-3 litri di sangue con frequente ricorso a trasfusioni ematiche massive. Nella letteratura scientifica l’accretismo placentare si associa ad un rischio di mortalità materna del 7%.

Un team multidisciplinare

Una volta effettuata la diagnosi, è stato attivato dal prof La Marca un team multidisciplinare costituito da: ecografisti esperti di medicina prenatale, chirurgi ginecologi, ostetrici, anestesisti, radiologi, radiologi interventisti, urologi, neonatologi. La paziente viene attentamente seguita dalla dr.ssa Bertucci del servizio di Diagnosi Prenatale e dalla Prof Isabella Neri e dr.ssa Monari del reparto di Gravidanza Intensiva.

Un arresto

Nelle settimane successive mentre il feto si sviluppava e cresceva nel modo più opportuno, la placenta invadeva tutti gli strati dell’utero andando in stretto contatto con la vescica e i grandi vasi sanguigni della pelvi. Alla 33° settimana di gravidanza, viene riscontrato un arresto della crescita fetale con alterazione flussimetrica e riduzione del liquido amniotico per cui la paziente è stata immediatamente ricoverata.

L'intervento

Viene convocato quindi tutto il team che in modo unanime decide di programmare l’intervento che consiste in embolizzazione delle arterie ipogastriche, posizionamento di stent ureterali, taglio cesareo con incisione ombelico-pubica e isterectomia totale dopo l’estrazione per ridurre al minimo il rischio emorragico conseguente.

L’intervento si è svolto con successo, senza complicanze di rilievo e con la nascita di un neonato in salute. A distanza di alcuni giorni la paziente e la sua bimba sono stati dimessi.

Sin dall’inizio del percorso la coppia, si è totalmente affidata alla nostra equipe dandoci la massima fiducia. Questo ci ha permesso di lavorare in un clima sereno, con la massima attenzione e collaborazione. Si ringrazia tutto il personale coinvolto nella gestione della paziente dalla presa in carico sino alla sua dimissione. La programmazione ed il team building hanno permesso di gestire al meglio un caso molto complesso.

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