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Indagine di Federconsumatori: a Modena e provincia crolla il potere d'acquisto dei redditi di oltre l'8 per cento

Si parla di una perdita del valore delle retribuzioni che raggiunge il 12,3%, se vengono esaminati i dati a partire dal 2016

Indagine di Federconsumatori: a Modena e provincia crolla il potere d'acquisto dei redditi di oltre l'8 per cento
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Federconsumatori Modena ha presentato nella giornata del 2 maggio 2024 il terzo rapporto sui redditi da lavoro dipendente e pensione in provincia di Modena, elaborato sui dati della società fiscale della CGIL, largamente prima nel territorio per attività svolta. Una fotografia del reddito delle modenesi e dei modenesi, che quest’anno si sdoppia.

Indagine di Federconsumatori

MODENA - Per la prima volta l'indagine si sdoppia: in due parti: la prima al lavoro dipendente, mentre nelle prossime settimane  l'attenzione sarà dedicata al variegato mondo delle pensioni.

Dichiarazioni dei redditi

Il report analizza i dati delle dichiarazioni dei redditi da lavoro dipendente presentate nel corso del 2023 da parte dei modenesi, e relative all’anno 2022; la serie storica sulla quale è basato il confronto dei dati si riferisce al periodo 2016-2022, e comprende 291.000 certificazioni uniche.

"Crollo"

"Solo il termine “crollo” può sintetizzare quanto accaduto sul fronte dei redditi nel corso del 2022. Era un dato atteso e annunciato, ma le dimensioni ed il peso di questo crollo, sul lavoro dipendente, lasciano attoniti" scrive Federconsumatori. Un fenomeno che peraltro continuerà, accentuando il peggioramento, quando misureremo il dato delle dichiarazioni attualmente in corso di presentazione. Un arretramento di redditi,, che non ha eguali nella storia del nostro paese dal dopoguerra ad oggi.

Nessun incremento salariale

Si parla di una perdita di potere d’acquisto dei salari che nell’arco di un solo anno, in provincia di Modena, ha raggiunto mediamente l’8.1% a fronte di una inflazione che ha toccato l’8,3%. E’ del tutto evidente la pressoché totale assenza, nella media del 2022, di incrementi salariali.

Una perdita delle retribuzioni di oltre il 12 per cento

Si parla di una perdita del valore delle retribuzioni che raggiunge il 12,3%, se vengono esaminati i dati a partire dal 2016. In sette anni le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti del modenese hanno perso, rispetto al reddito annuale, quasi due retribuzioni.

Peggiorano i giovani e le donne

Dentro a questo dato, negativo per tutti i lavoratori dipendenti, ancora una volta emerge l’ampliarsi delle forbici reddituali. Peggiorano ancora di più i redditi dei giovani e delle donne, con il punto più critico tra le giovani donne. L’anno scorso erano stati registrati segnali di ripresa dei redditi, nel periodo post Covid, seppur limitati all’occupazione maschile qualificata nella fascia oltre i 55 anni. Nelle dichiarazioni presentate nel 2023 manca il seppur minimo dato positivo.

Si accentua la questione di genere.

Le donne, più frequentemente degli uomini, operano con contratti a tempo determinato; se il reddito medio degli uomini è di 21.550 euro, quello delle donne si ferma a 15.626 euro, il 27,5% in meno. Effetto causato dalla maggior presenza delle donne nei settori poveri, ad elevata irregolarità, ed in quelle aree, come il commercio ed il turismo, dove la maggior parte dei contratti è a part-time, in grandissima parte involontari. Nel 2022 le donne hanno visto un arretramento dei redditi superiore a quello degli uomini, e se il confronto si spinge al 2016 le donne hanno perso il 14,2% del proprio reddito, contro il 10,2% degli uomini. Basti un ultimo dato; nelle dichiarazioni superiori a 50.000 euro solo il 16% sono quelle prodotte da donne.

Si accentua la questione anagrafica.

Se nel settore manifatturiero, a maggior presenza maschile, gli under 35 hanno perso nel periodo 2016-2022 “soltanto” il 4,8% del salario, per quel che riguarda gli addetti under 35 del settore commercio si sale al -16%, fino al -27% del settore ristorazione, alberghi e pubblici esercizi; un settore grande, con forte presenza di giovani, ma sempre più devastato dal lavoro irregolare, nelle sue molteplici forme. Tra gli under 25 il 65% è a tempo determinato, un dato che resta altissimo anche nella fascia 25-34, con il 44%.

Si accentua la questione territoriale.

Nel crollo dei redditi del 2022, in attesa di misurare il 2023, può sorprendere il dato della città di Modena, dove è fortissimo l’arretramento del valore reale dei redditi. Un calo di quasi il 10%, in parte causato dal generale arretramento del Terziario, particolarmente presente in città.

Capoluoogo del lavoro precario e sottopagato

La città di Modena è capoluogo della provincia, ma anche del lavoro precario e sottopagato, . Dopo la buona performance dell’anno precedente, trainata dal settore biomedicale, arretra pesantemente (-9,4%) anche il reddito dei lavoratori dell’Area Nord. La zona di Mirandola torna così alla pari con l’area collinare-montana, mentre Carpi, caratterizzata da tempo dal forte decadimento dell’economia manifatturiera, riduce sempre di più il differenziale di reddito con le due aree estreme della nostra provincia. Anche a Carpi sarebbe necessario un bagno di realismo sullo stato dell’economia e dei redditi, superando la troppo frequente commemorazione dei fasti del passato. Sono quattro le aree della provincia dove oltre ad un calo del potere d’acquisto abbiamo registrato anche un calo dei redditi nominali: sono nell’ordine di maggior negatività, Mirandola, Modena, Carpi e Castelfranco Emilia.

Si accentua la crisi delle famiglie modenesi.

Una delle indagini riporta gli effetti dell’arretramento del potere d’acquisto dei redditi da lavoro per alcune tipologie di famiglie. Ancora una volta la famiglia under 35 con lavori in area terziario ha subito un calo di valore del reddito familiare attorno al 20%, nell’arco di sette anni, mentre all’opposto il calo per la famiglia di over 55, con occupazioni negli Enti locali e nel settore ceramico ha registrato un più contenuto arretramento del 5%. Un calo che per la parte più debole delle famiglie si è trasformato in incertezza nel futuro, in denatalità, in esistenze troppo a lungo precarie. Ma anche in scelte di riduzione dei consumi, anche alimentari, nella rinuncia a cure, sempre più spostate sul privato. Quasi metà dei mutui ha oggi una durata superiore a 30 anni; si fa il mutuo a 30 anni, si finisce di pagarlo a 60, o 65 anni. Cresce l’indebitamento degli italiani, si riducono i risparmi; soprattutto continua ad avanzare il confine della povertà, arrivando ad inglobare famiglie a doppio reddito, ma troppo modesto per sostenere i maggiori costi di mutui, affitti, energia, spesa alimentare.

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