Rivolta al Sant'Anna di Modena: aumenta il numero di indagati
A muovere le accuse sono stati gli stessi detenuti, ma anche un collega della polizia penitenziaria
Sale a quattordici il numero dei poliziotti indagati nell'ambito della rivolta avvenuta al carcere Sant'Anna di Modena l'8 marzo 2020, in cui morirono nove detenuti.
Aumenta il numero di indagati sulla rivolta al Sant'Anna
MODENA - Quattordici poliziotti (e non più cinque) sono accusati e indagati per tortura a causa degli episodi verificatisi a marzo 2020 nel carcere Sant'Anna di Modena a seguito di una maxi rivolta da parte dei detenuti. In quell'occasione, nove persone persero la vita.
Si dichiarano estranei ai fatti
La Procura di Modena aveva deciso di estendere le indagini fino a maggio, perché erano in corso nuovi accertamenti.
A seguito di questi nove nuovi poliziotti sono stati aggiunti al registro degli indagati, responsabili di lesioni e presunte torture nei confronti dei detenuti in seguito allo sgombero, anche se, come i primi cinque, si sono sempre dichiarati estranei ai fatti.
Denunciati dai detenuti
A denunciare la condotta scorretta degli agenti erano stati gli stessi detenuti, che avevano raccontato di essere stati vittime di pestaggi e torture. Ad ogni modo, sembra che i nuovi indagati non siano ancora stati sottoposto a interrogatorio.
Possibile la testimonianza di un collega
Ma a portare l'iscrizione al registro degli indagati dei nuovi agenti potrebbe essere stato anche un collega della polizia penitenziaria:
"Vedevo i detenuti entrare in un modo e poi li vedevo uscire sanguinanti".
Archiviati i fascicoli sui decessi
In quel frangente, quattro detenuti persero la vita e quattro morirono invece nel corso del trasferimento in altri penitenziari, ma il fascicolo su questi decessi è stato archiviato già da diverso tempo.
La Procura sostiene infatti che il decesso sia avvenuto per overdose di metadone: i carcerati avevano saccheggiato la farmacia del penitenziario abusando delle sostanze.
Famiglie in lotta per la verità
Ma le famiglie di due dei detenuti non hanno accettato la sentenza, e il caso è finito alla magistratura tunisina. Gli avvocati delle vittime, Simona Filippi e Luca Sebastiani, si erano rivolti anche alla Corte internazionale dei diritti dell’uomo.
Per questo motivo, dunque, le indagine si sono estese a nuovi agenti e presto troveranno la loro conclusione.